La dolorosa rinuncia all'uomo-simbolo

Fu proprio Amadei a spingere per essere ceduto. Voleva giocare in nazionale e sapeva che se fosse rimasto alla Roma non avrebbe mai avuto la sua occasione. Va poi ricordato che la moglie era di Bergamo e che influì in qualche modo nella decisione. La trattativa decollò nel settembre del 1948, quando la squadra era già in ritiro precampionato a Sora. L'effetto fu devastante. Era la prima volta che la Roma si privava di un suo idolo. Molti tifosi abbandonarono la Roma per protesta. Sorsero come funghi alcuni club nerazzurri intestati ad Amadei, la cui popolarità era paragonabile solo a quella di Bernardini e di Masetti. Il presidente dell'Inter Masseroni giunse a Roma col direttore sportivo Cappelli e avanzò la sua offerta ufficiale al presidente della Roma Baldassarre. In cambio di Amadei offriva due giocatori acquistati dal Bari, il centravanti Tontodonati e il jolly Maestrelli, che poteva essere impiegato sia in attacco che in difesa. L'operazione rischiò di andare a monte per le richieste d'ingaggio dei due giocatori del Bari, che la Roma giudicò troppo esose. Poi Maestrelli e Tontodonati abbassarono le loro pretese e lo scambio venne ratificato. La Roma perdeva quel giorno il suo giocatore di maggiore prestigio, il suo leader e il personaggio più carismatico. Perdeva anche un grande centravanti. Insomma l'operazione, per quanto Maestrelli fosse un giocatore di grande valore tecnico, si rivelò disastrosa e rappresentò un passo decisivo verso la futura retrocessione. I tifosi non erano ancora consapevoli delle conseguenze negative di quella cessione, ma ne conservarono la memoria dolorosa. Se ne accorse a sue spese Alvaro Marchini quando, vent'anni più tardi, cedette Spinosi, Capello e landini alla Juventus e fu costretto a lasciare la sua poltrona di presidente per la feroce contestazione di cui rimase oggetto. Non appena cominciò a giocare nell'Inter Amadei venne convocato in nazionale e fece il suo esordio a Madrid, contro la Spagna, segnando anche un goI. Ma Pozzo aveva pensato a lui troppo tardi. Fu quella l'ultima partita in nazionale di Valentino Mazzola e dei giocatori del Grande Torino, che pochi giorni dopo doveva scomparire nella tragedia di Superga. Tra i tanti rimpianti che si accompagnarono a questo lutto ci fu anche quello di non aver potuto vedere un attaccante moderno come Amadei tra due interni di grande levatura internazionale come Loik e Mazzola. Amadei non ebbe vita facile a Milano, dove venne utilizzato come ala, come centravanti e addirittura come mezzala. I milanesi non capirono mai quel suo carattere abulico, che però si esprimeva a livelli di gioco con improvvise fiammate. Amadei era un attaccante istintivo e come tale tendeva i suoi agguati. Quando l'avversario pensava che non fosse in giornata, alla sua prima distrazione lo vedeva partire verso la rete con quello scatto che all'epoca rappresentava da se stesso uno spettacolo. I romani non si dimenticarono mai di lui e lo vollero addirittura consigliere comunale (fu il primo calciatore ad avere successo anche come politico). Fu così che "l'ottavo Re di Roma" dette la scalata al Campidoglio. Intanto la Roma, proprio nei giorni della cessione di Amadei, metteva a segno l'acquisto di Arcadio Venturi, una mezzala di grande classe che Biancone aveva scoperto in una squadra di dilettanti, l' U.S.Vignola. Assieme a Venturi venne ingaggiato dall' Ostiense il giovane portiere Luigi Albani, detto "PaIletta".
Come capitano, dopo la partenza di Amadei, la scelta cadde su Andreoli, che ormai era il solo rimasto della Roma che aveva vinto lo scudetto. L'esordio della Roma a Bologna fu molto incoraggiante. L'uomo più atteso alla prova era Tontodonati e il sostituto di Amadei andò subito in gol dopo dieci minuti. La Roma aveva schierato una linea d'attacco con quattro uomini nuovi, che non avevano mai giocato insieme, eppure l'intesa di gioco sembrava perfetta. Fu una combinazione esemplare tra Tontodonati e Pesaola che mise al tappeto il Bologna. Tontodonati segnò due gol anche nella seconda partita di campionato, quando la Roma batté la Triestina per 4-2. Ma quella che stiamo rievocando non fu solo la stagione della cessione di Amadei, fu anche quella degli acquisti mancati. Alla Roma furono proposti l'argentino Martino, lo svedese Carlsson, gli ungheresi Kubala e Nyers e il danese Karl Hansen. Ma non c'erano i soldi e così Martino finì alla Juventus, Carlsson all'Atletico Madrid, Nyers all'Inter, Kubala al Barcellona e Karl Hansen all'Atalanta. Intanto arrivò il giorno in cui Amadei esordì a Roma con la maglia dell'Inter, al centro dell'attacco delle meraviglie (Armano, Lorenzi, Amadei, Wilkes, Nyers). La Roma riuscì a superarsi, battendo lo squadrone nerazzurro con un gol di Pesaola (nonostante Tontodonati avesse sbagliato un rigore). Amadei, emozionatissimo, fu solo un fantasma. La Roma insomma era una squadra capace di alti e bassi, mentre il Torino, che ne aveva raccolto l'eredità continuava a dominare. E quando, il 4 maggio 1949 l'Italia tutta fu scossa dalla sciagura di Superga, proprio la Roma volle che lo stadio della Capitale fosse dedicato al Torino.

Tratto da La Roma una Leggenda Editrice il Parnaso

 

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